All’interno del ciclo ICONOCLASTICA, l’artista Luciano Di Gregorio ci regala con Rinascimento 2.0 una riflessione radicale sul rapporto tra identità, storia e tecnologia. L’opera, realizzata con la precisione di un antico maestro e la visione di un autore post-digitale, ci trasporta in un universo sospeso dove il passato e il futuro convivono senza frizioni.

L’immagine colpisce subito per la sua impostazione classica: la posa frontale, la ricca veste rinascimentale, il velo che scivola come un fiume di organza. Tutto rimanda a un ideale di bellezza e compostezza che evoca i ritratti femminili del Quattrocento. Eppure, è proprio in questa cornice familiare che si innesta l’elemento dirompente: le cuffie futuristiche che incoronano il capo, illuminate da un bagliore blu elettrico, due rose rosse come un sigillo romantico.

Di Gregorio mette così in scena un corpo androgino, sospeso tra maschile e femminile, tra carne e tecnologia. Il volto privo di capelli e tratti marcati ci spinge a interrogarci: chi è questa figura? Una dama, un cavaliere, un avatar? L’ambiguità diventa il cuore dell’opera, simbolo di una contemporaneità che rifiuta le categorie nette, preferendo fluire tra identità, ruoli e tempi storici.

Il piccolo animale stretto fra le mani – un furetto dal manto dorato – richiama la tradizione leonardesca (La dama con l’ermellino), ma qui diventa quasi un compagno totemico, testimone silenzioso della metamorfosi culturale in atto. La sua presenza attenua la severità del ritratto, creando un contrappunto di tenerezza che umanizza l’intera scena.

Dal punto di vista concettuale, Rinascimento 2.0 è un manifesto visivo. Ci ricorda che il Rinascimento, periodo di rinascita e riscoperta dell’umano, trova oggi una nuova forma nella fusione tra tradizione e futuro. La tecnologia – lungi dall’essere mera intrusione – diventa estensione identitaria, un nuovo “ornamento” che ridefinisce il nostro modo di abitare il corpo e il tempo.

L’opera di Di Gregorio si inserisce con forza nel dibattito sull’androginismo come categoria estetica e sociale, proponendo un’immagine potente, solenne ma al tempo stesso aperta, capace di dialogare con chi osserva. Non si tratta di un semplice gioco anacronistico: è un invito a ripensare la nostra epoca, i suoi confini e i suoi simboli.

Con Rinascimento 2.0, l’artista firma un’opera che è insieme omaggio, provocazione e profezia. Un ritratto che sembra dirci: il futuro è già qui, e ha il volto di chi non teme di essere molte cose allo stesso tempo.

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